Una giornata simbolica come la Giornata Mondiale della Meteorologia ci deve aiutare a capire innanzitutto che nel sistema Terra tutto è interconnesso e che i dati e gli studi anche relativi alle nostre montagne indicano con chiarezza che il clima sta cambiando rendendo già oggi il nostro pianeta più difficile da vivevere.

Qui puoi ascoltare la puntata del podcast con le spiegazioni complete di Daniele Cat Berro di cui questo articolo è un estratto.

23 marzo, Giornata Mondiale della Meteorologia

Il 23 marzo, Giornata Mondiale della Meteorologia, è una giornata simbolica che celebra l’entrata in servizio dell’Organizzazione Mondiale della Meteorologia (OMM-WMO) nel 1950. Quest’anno il tema della Giornata Mondiale della Meteorologia èL’oceano, il nostro clima e il nostro tempo“.

Gli oceani sono tra i principali motori del clima terrestre, ma parlando di montagna si potrebbero percepire come un ambiente lontano con cui nulla ha a che fare. In realtà nel sistema Terra tutto è interconnesso e quello che accade in montagna prima o poi arriverà anche ad influenzare gli oceani e viceversa.

Si pensi ad esempio alla fusione dei ghiacciai che va ad aumentare i livelli marini nonché a diminuirne la salinità in alcune zone oppure al riscaldamento climatico che fa aumentare le temperature anche delle acque oceaniche aumentando così la quantità di vapore acqueo in atmosfera. Questa maggior quantità di vapor acqueo contenuto in un atmosfera più calda, spesso si traduce in precipitazioni più abbondanti ed intense nelle zone montane. Essendo l’Italia una sorta di “molo” montuoso proteso dall’Europa nel cuore del Mediterraneo risente particolarmente di questi effetti. Questa accelerazione del ciclo dell’acqua a livello globale porterà sempre più a zone dove andranno ad aumentare le precipitazioni e zone in cui pioverà sempre meno. Ciò non significa che anche in queste ultime zone non possano esserci intensi episodi alluvionali.

Giornata Mondiale della Meteorologia
Il tema della Giornata Mondiale della Meteorologia 2021
In apertura foto di Mirko Sotgiu

Le precipitazioni intense sono in relazione con il riscaldamento globale?

Ricordiamo sempre che i singoli episodi meteorologici non possono essere attribuiti facilmente ai cambiamenti climatici, ma sono le tendenze di lungo periodo ad evidenziare gli effetti del riscaldamento. La domanda giusta non è se il singolo episodio è colpa dei cambiamenti climatici, bensì in quale proporzione i cambiamenti climatici possono avere contribuito ad una maggiore frequenza e/o intensità di questo fenomeno. Ci sono delle apposite commissioni che dopo eventi di particolare rilievanza esaminano le loro caratteristiche e si pronunciano sul probabile o meno contributo dei cambiamenti cimatici. Questo in genere è più facile per le grandi ondate di calore, meno per le precipitazioni intense. Ormai è però noto dalla letteratura internazionale che in un atmosfera più calda gli eventi di pioggia intensa sono più probabili.

Quest’inverno sulle Alpi è stato in controtendenza rispetto al riscaldamento climatico?

Anche nevicate intense, per quanto possa sembrare un paradosso, possono essere conseguenza di un clima più caldo: in un atmosfera che contiene più vapore acqueo, perché più calda, abbiamo più materia prima che può tradursi in neve a quelle quote dove le temperature ancora lo consentono. Questo non è quindi assolutamente in contraddizione con i riscaldamento globale.

Quindi anche le grandi nevicate che, nell’inverno appena concluso 2020-21, hanno interessato soprattutto le Alpi centro orientali e l’Appennino settentrionale probabilmente non sfuggono a questo: potrebbe esserci stato almeno in parte il contributo della maggiore umidità pervenuta dal Mediterraneo e dall’Atlantico in conseguenza alle acque più calde del mare. Ovviamente ancora con precisione non lo si può affermare e va ancora attentamente valutato, ma è probabile possa inserirsi bene in questo quadro.

Quest’inverno è stato un inverno di grandi contrasti. Contrasti di temperatura innanzitutto, con episodi di freddo intenso. Il primo tra fine dicembre e inizio gennaio si è sentito prevalentemente in montagna e nei fondovalle innevati. Il secondo periodo, più breve, a metà febbraio con irruzione d’aria fredda da Est, ha prodotto in alcune zone di montagna come il Brennero temperature particolarmente basse.

Nonostante questo però in Italia l’inverno è stato più caldo del normale: 1,1 °C più caldo della media del trentennio di riferimento 1981-2010 in base alle statistiche del Cnr-Isac di Bologna. Abbiamo avuto infatti un mese di febbraio particolarmente mite che ha fatto registrare 2 gradi in più della media a livello nazionale. Alla fine abbiamo avuto l’8° inverno più caldo dal 1800 in Italia.

Gli episodi freddi non mancano quindi e spesso producono effetti più appariscenti facendo più notizia di una giornata tiepida in inverno: questo potrebbe dare la sensazione di una situazione sbilanciata verso il freddo, ma se andiamo a leggere i dati, questi ci dicono altro.

Per quanto riguarda le precipitazioni come detto ci sono state grandi nevicate e piogge sulle montagne del nord-est e sull’Appennino settentrionale soprattutto tra dicembre e gennaio con una serie di perturbazioni per lo più da libeccio (sud-ovest). Si distingue invece per contrasto la zona alpina del nord-ovest, in particolare torinese e bassa Valle D’Aosta, dove è piovuto e nevicato molto poco. Questo accade quando sono dominanti i venti da sud-ovest e quindi tutta questa zona rimane sotto-vento.

Innevamento sulle alpi Giornata Mondiale della Meteorologia
Anche se forti nevicate di quando in quando si verificano anche nell’attuale “mondo-serra”, sulle Alpi le stagioni poco innevate sono sempre più comuni: l’8 dicembre 2015 a Bardonecchia-Melezet l’unica neve presente al suolo era quella prodotta dagli impianti di innevamento programmato 
(foto Luca Mercalli)

Innevamento sulle Alpi negli ultimi 50 anni

Ampliando l’orizzonte temporale e guardando le Alpi nel loro complesso cosa possiamo dire quindi dell’innevamento medio?

Proprio in questi giorni è uscito un lavoro inedito sulla rivista internazionale The Cryosphere (una delle più importanti riviste scientifiche al mondo che trattano di neve, ghiaccio e ghiacciai). Si tratta di un’importante studio che ha visto collaborare molti enti della regione alpina, tra cui anche la Società Meteorologica Italiana, coordinati dall’Eurac di Bolzano.

Questo lavoro (Observed snow depth trends in the European Alps: 1971 to 2019) analizza gli spessori della neve su tutta la regione alpina nell’ultimo mezzo secolo: sono state considerate oltre 2000 serie di dati. Si è potuta così avere una visione omogenea su tutto l’arco alpino come mai prima, con approfondimenti sulle varie regioni e fasce di quota.

In sintesi emerge che nella stragrande maggioranza delle regioni e delle quote la nevosità è in calo, ovvero lo spessore medio della neve si è ridotto. Siamo passati da anni ancora nevosi come gli anni ’80 ad anni molto scarsi come la prima metà degli anni ’90. Dopodiché tra fine anni ’90 e anni 2010 c’è stata un’alternanza irregolare tra annate molto povere di neve ed altre particolarmente innevate. Complessivamente però negli ultimi 50 anni prevalgono le tendenze al ribasso: la neve è meno spessa e dura di meno al suolo quindi la stagione innevata è più corta. Sul versante italiano delle Alpi al di sotto dei 1000 metri di quota negli ultimi 50 anni si sono persi 24 giorni di durata complessiva della stagione innevata e tra i 1000 e i 2000 metri addirittura 33 giorni.

Sono dunque tendenze ormai molto evidenti dovute all’aumento delle temperature che si riflette in due modi. Da un lato è più probabile che cada pioggia anziché neve soprattutto alle quote di bassa montagna. Dall’altro lato la neve, anche dove è caduta, dura meno al suolo perché fonde più rapidamente: tarda ad accumularsi ad inizio stagione e scompare prima a primavera.

Giornata Mondiale della Meteorologia: per ricordarci che il clima sta cambiando già oggi

In conclusione dati e studi che evidenzino la crisi climatica in atto non mancano. Una giornata simbolica come la Giornata Mondiale della Meteorologia deve aiutarci a ricordare che i cambiamenti in atto non solo avranno gravi ripercussioni nel futuro, ma già oggi ogni giorno il pianeta sta diventando più difficile da vivere e questo causa gravi ripercussioni sugli assetti geopolitici e le relazioni umane.

23 Marzo 2021
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Società Meteorologica Italiana

La Società Meteorologica Italiana è la maggiore associazione nazionale per lo studio e la divulgazione di meteorologia, climatologia e glaciologia. È un’associazione scientifica senza fini di lucro e opera su tutto il territorio nazionale conservando stretto legame con la Società Meteorologica Subalpina che ne è socio fondatore nel territorio alpino occidentale, Francia e Svizzera incluse. SMI  promuove ed incoraggia lo sviluppo e la conoscenza delle scienze dell’atmosfera in Italia. Appartiene a UniMet (Unione Meteorologia Italiana) ed all’European Meteorological Society.

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