Roberto Serafin ricorda Gino Comelli uno dei padri del soccorso alpino nelle Dolomiti spentosi recentemente a settant’anni. Torna spesso la domanda di quanto sia lecito che chi soccorre metta a repentaglio la propria vita, ma Comelli non sembrava avere dubbi.

Val Lasties ph. Serafin Gino Comelli e l'onore di essere soccorritore
Val Lasties (ph Serafin)
In apertura: Gino Comelli premiato da Angiolino Binelli, presidente del Premio della Solidarietà alpina (ph. Serafin)

Quel giorno di Santo Stefano del 2009…

In piazza Marconi a Canazei un monumento è stato collocato qualche tempo fa per ricordare i quattro uomini del Soccorso Alpino Alta Fassa Luca Prinoth, Diego Perathoner, Erwin Riz e Alex Dantone, medaglie d’oro al Valor Civile, periti in Val Lasties nelle Dolomiti il 26 dicembre 2009 mentre effettuavano un soccorso. L’opera in bronzo realizzata dallo scultore fassano Rinaldo “Reinhold” Cigolla oggi richiama alla memoria (a quella di chi scrive, perlomeno) il grande Gino Comelli, all’epoca responsabile della stazione, spentosi di recente a settant’anni.

Sono passati quindici anni da quel terribile giorno di Santo Stefano. Nel pomeriggio i soccorsi erano stati allertati per cercare due scialpinisti. Purtroppo la squadra subito intervenuta sotto la guida di Comelli venne travolta nel buio da una massa di neve e ghiaccio prima di poter portare a termine la missione. Uscirono vivi solo Sergio Valentini, Roberto Platter e Martin Riz. I due scialpinisti, entrambi udinesi, vennero poi ritrovati a loro volta senza vita sotto una valanga.

Il dibattito sul soccorso

Si poteva evitare il sacrificio dei quattro uomini? La scomparsa di Comelli, uno dei padri del soccorso alpino nelle Dolomiti, intrepido pioniere dell’elisoccorso, potrebbe riaprire questo interrogativo. Sull’argomento occorre riconoscere che all’epoca si discusse a lungo. “In certe circostanze”, spiegò Raffael Kostner, leader di Aiut Alpin Dolomites, una delle massime autorità nel soccorso alpino dolomitico, “anche noi, pur essendo abituati a confrontarci quotidianamente con il pericolo, dovremmo avere il coraggio di dire di no, di rifiutare un intervento. Invece mettiamo a repentaglio la nostra vita per salvare chi va fuori pista sapendo di rischiare la pelle”. 

Non mancò la proposta di stabilire ex lege di affrontare i soccorsi solo se le condizioni climatiche o di luce sono più che favorevoli. Molte cose però sono ora cambiate nel soccorso alpino. E il fatto che le prime ricerche dei dispersi vengano affidate ai droni rappresenta una garanzia per i tecnici chiamati poi a intervenire sul terreno con o senza unità cinofile. 

Ma quale forza d’animo spinge l’uomo a rischiare la vita per salvare chi è in pericolo? Se lo chiese Piero Angela nella trasmissione televisiva Ulisse raccontando di Comelli e dei suoi uomini e al tempo stesso di Giorgio Perlasca che salvò cinquemila ebrei ungheresi durante il secondo conflitto mondiale, e dei pompieri di Chernobyl che entrarono nell’acqua radioattiva per tentare di chiudere le valvole del reattore.

Tornando alla tragedia della Val Lasties, gli uomini del soccorso alpino l’indomani non ebbero dubbi: “Giusto partire a cercare quei due ragazzi”, fecero sapere. “Quando ti chiamano vai, senza fare distinzione fra persone esperte o turisti sprovveduti. Se i soccorritori hanno deciso di andare è perché era giusto farlo”. 

Quel giorno Comelli si trovò con i suoi uomini, valutò cosa fare. E non c’è dubbio che in questi casi il soccorritore debba essere asettico, freddo, estraneo a ogni giudizio. Quello che importa è che ci sono persone da salvare. Ciononostante fu duro il giudizio di Guido Bertolaso, responsabile della Protezione civile. “Sono stufo che i nostri soccorritori”, disse, “perdano la vita perché le persone vanno a fare escursioni in modo sprovveduto e senza tenere conto degli allarmi”. Pronta fu la replica del capo del Soccorso alpino e speleologico Maurizio Dellantonio. “Le parole di Bertolaso sono giustificate dal momento, ma esagerate. La nostra emergenza, soprattutto quella del soccorso alpino, ci impone di andare quando qualcuno ci chiama, non potrebbe essere altrimenti”. 

I due turisti dispersi furono trovati morti domenica mattina. La tragedia del Pordoi venne rubricata dal pm Salvatore Ferraro a modello 45, cioè atti non costituenti notizia di reato. 

Per Gino Comelli era un onore soccorrere

“Quando riceviamo una chiamata di soccorso”, disse il compianto Comelli ricevendo a Pinzolo la Targa d’Argento (del cui comitato organizzatore chi scrive fece parte) “non è soltanto un dovere andare, è un onore essere stati scelti per aiutare chi ha bisogno”.

La stazione fassana nacque nel ’52. Fu fra le prime del Trentino, messa in piedi da storiche guide alpine come Piaz, Micheluzzi, Jori, De Zulian. Anche per averla diretta con tanta competenza, la stella di Comelli non può che brillare a lungo nel cielo della Val di Fassa e nel cuore di chi ama la montagna.

Roberto Serafin

5 Agosto 2024
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