Una proposta di Toni Farina ha fatto nascere un vivace dibattito all’interno di Mountain Wilderness e del mondo ambientalista: istituire una nuova montagna sacra. Dove? Ancora tutto da capire. sicuramente per ora ciascuno cerca argomentazioni pro e contro l’originale idea.
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Premessa indispensabile. I monti gettano la loro ombra su tutte le pagine bibliche: dall’Ararat su cui posa l’arca di Noè al Moria del sacrificio di Isacco, dal Sinai dell’esodo al Nebo della morte di Mosè, dal Carmelo di Elia al Sion del tempio gerosolimitano, dal monte delle Tentazioni di Cristo a quello delle Beatitudini, dal monte della Trasfigurazione al Golgota-Calvario sino al monte degli Ulivi che nell’ascensione di Gesù congiunge terra e cielo. Ma quale benefica ombra può gettare l’ipotetica Montagna Sacra del Gran Paradiso di cui da giorni e giorni si discute nel sito di Mountain Wilderness?
(Qui Toni Farina spiega la sua proposta sulle pagine di Dislivelli.eu)
Un’ipotesi potrebbe essere che questa Montagna Sacra di cui si discute sia nent’altro che un piacevole diversivo a fronte di tanti attentati all’integrità dell’ambiente naturale contro i quali si batte da più di una trentina d’anni in qua questa benemerita associazione. La bizzarra proposta è stata avanzata da Toni Farina, consigliere di MW e rappresentante degli ambientalisti all’interno del Consiglio direttivo del Parco Gran Paradiso. Sembra strano che non ci sia altro di cui dibattere di questi tempi nonostante la vergognosa invasione post lockdown di mezzi motorizzati sulla cima del Gennargentu e il temerario progetto della Regione Lazio di devastare ulteriormente il Terminillo con nuovi impianti di risalita.
La proposta ha in ogni modo sollevato un polverone peraltro circoscritto ai social e al cerchio magico degli “addetti ai lavori” sul fronte della wilderness montanara.Sintetizzando, nel dibattito sono stati più i pro dei contro. Se però ci è concesso, l’immagine dell’ipotetica Montagna Sacra all’interno del Parco del Gran Paradiso immaginata da Farina, più che risultare assimilabile a spettacolari emblemi della religione quali il giapponese monte Fujiyama raggiungibile facilmente in “treno proiettile” da Tokyo, ricorda un fumetto di Paperino.
Ci vuol poco infatti a immaginare il papero su incarico dello zio plutocrate andare alla ricerca della misteriosa montagna sacra con gli immancabili Qui, Quo e Qua. Perché dove si possa trovare questo intoccabile montarozzo ancora non si sa, e si accettano proposte. Scherzi a parte, in tempi di magra come questi potrebbe risultare redditizio per il turismo alpino che anche noi mediterranei ci fabbricassimo un sacro monte Kailash, sul tipo di quello situato nella remota estremità occidentale dell’altopiano tibetano, il colosso ghiacciato che attira fiumane di turisti da tutto il mondo. Un Kailash de noantri, perché no?, da circumnavigare a piedi come nelle kora della religione buddista.
A proposito. Nel marketing turistico qualcosa di simile a una montagna sacra potrebbe essere in Italia la Pania della Croce nelle Apuane dove all’alba salgono dalla Versilia folle balneari per ammirare il sorgere del sole: qualcosa di simile a quanto avviene sul Sinai dove l’alba viene accolta con un applauso e con le tiritere dei venditori di the caldo (hot tea, hot tea…). E a proposito di mistico, di moda sono oggi più che mai i cammini tipo la via Francigena da percorrere a tappe sulle orme del mistico Sigerico. Meglio se in sella alla bici elettrica così si evitano calli e vesciche alle estremità.
Nient’altro a questo punto ci sarebbe da dire se a richiamare l’attenzione su quanto di ridicolo traspare dal progetto e dall’enfasi con cui è stato promosso dalla sparuta pattuglia degli addetti ai lavori non fosse una grande firma dell’ambientalismo, il saggio Carlo Alberto Pinelli chiamato Betto dagli amici, presidente onorario di Mountain Wilderness International, uomo senza peli sulla lingua. “Temo che consacrare ora una vetta trasformandola da un giorno all’altro in un tabu”, scrive Pinelli in una cordiale lettera rivolta a Toni Farina e pubblicata sul sito di MW, “potrebbe avere un sapore artificioso, al limite del ridicolo. La sacralità delle montagne giace al fondo di ciascuno di noi e non proviene dagli dei o da chi si autoproclama un loro avatar”.
Nella sua missiva, Pinelli accenna anche a una “maldestra divinizzazione” sviando l’attenzione sulla concomitante (e per lui deplorevole) decisione dell’Unesco di promuovere l’alpinismo monumento immateriale dell’umanità: decisione che, sono parole sue, “il Cai si è affrettato a benedire senza sentire la necessità di aprire un vero dibattito”.
Ai monti santi e ad altri meno noti che costellano la Bibbia che cos’altro vorremmo ora aggiungere? Non basta il discusso e discutibile proliferare delle croci di vetta su Alpi e Appennini? Non è sufficiente che, per giudizio unanime, le montagne siano da considerare cattedrali della terra? E infine, ci sarebbe da chiedersi: non è più che sufficiente il fatto che in tutto il mondo migliaia di luoghi di culto sulla sommità delle montagne aiutino l’”homo religious” a realizzare la sua naturale ricerca del sacro? (Serafin)
Qui i vari commenti e riflessioni in seguito alla proposta, raccolti sul sito di Mountain Wilderness
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