Si discute su motivazioni e opportunità di questi riconoscimenti Unesco che accomunano due attività tanto lontane tra loro, ma entrambe legate alla montagna. Intanto Milano prova a diventare più verde preparandosi alle olimpiadi invernali del 2026.

La transumanza patrimonio dell’umanità

La transumanza è diventa patrimonio culturale immateriale dell’Unesco. La notizia ha avuto maggiori riscontri sui giornali, almeno finora, di quanto non ne abbia avuto la promozione dell’alpinismo a patrimonio dell’umanità. Ma c’è poco da fare: i pastori sono più popolari dei cosiddetti conquistatori dell’inutile. «I pastori transumanti, come sottolinea il dossier di candidatura presentato all’Unesco dall’Italia insieme con Grecia e Austria , hanno una conoscenza approfondita dell’ambiente, dell’equilibrio ecologico tra uomo e natura e dei cambiamenti climatici: si tratta infatti di uno dei metodi di allevamento più sostenibili ed efficienti. «Il riconoscimento della transumanza come patrimonio culturale immateriale dell’umanità”, spiega sulla Stampa Carlin Petrini, “è molto importante per la salvaguardia dei “tratturi”, ossia le vie d’erba che segnavano – e segnano ancora – i tracciati della transumanza stessa. In Italia la realtà storica più consistente di questa pratica si trova nelle regioni centro-meridionali, dall’Abruzzo fino alle pianure pugliesi, passando per il Molise. Il più famoso è il “tratturo Magno”, che partiva dalla città dell’Aquila e scendeva giù verso Foggia attraversando Vasto e altri comuni limitrofi. Si tratta di vie molto antiche, che hanno resistito al trascorrere del tempo. Ma perché si è sentita l’esigenza di proteggere questi sentieri e con loro la transumanza? Perché da anni molte di queste vie non venivano più tutelate, poco alla volta l’agricoltura e l’industria stavano occupando i loro spazi”. Il messaggio sarà arrivato anche alle orecchie dei dirigenti del CAI più che mai impegnati nella riscoperta e rilancio del Sentiero Italia. I sentieri della transumanza non possono certo essere ignorati da un’associazione che tanto si prende cura della sentieristica in Italia.

Milano olimpica sempre più verde

Tre milioni di nuovi alberi entro il 2030: è questa la sfida che Milano e la sua area metropolitana lanciano per combattere il riscaldamento globale e per offrire ai milanesi una città ancora più verde e sempre più a misura d’uomo. E’ una notizia che non poteva sfuggire a noi di MountCity che alla città e ai suoi rapporti con l’ambiente si dedica più o meno assiduamente da sei anni in qua.  Il cammino indicato dal comune di Milano è lungo e ambizioso e rientra nel progetto chiamato ForestaMi, firmato dall’architetto di fama internazionale Stefano Boeri. Attualmente a Milano sono presenti circa 500 mila alberi e 5,5 milioni in tutto l’hinterland: l’innesto di tre milioni di nuovi alberi rappresenterebbe da solo il 50% dell’intero patrimonio arboreo della città metropolitana di Milano.

Il cronoprogramma prevede la piantumazione di 100 mila nuovi alberi entro marzo del 2020, 400mila entro il 2022, due milioni entro il 2026, anno in cui Milano si misurerà con l’affascinante sfida delle Olimpiadi invernali (insieme con Cortina). 

A chi non piace il riconoscimento Unesco

La vittoria, si sa, ha molti padri. Lo dimostrano le voci favorevoli (finora registrate sui media) alla promozione dell’alpinismo da parte dell’Unesco quale patrimonio immateriale dell’umanità: una categoria che nel 2003 venne inserita nell’elenco dei Monumenti del Mondo (World Heritage). Unica eccezione appare per ora la voce dissonante del venerabile Carlo Alberto Pinelli, padre degli ambientalisti, accademico del Cai, che a questa “patacca”, come lui la definisce, dedica una sferzante requisitoria nel sito di Mountain Wilderness.  “Posta nei termini perentori e istituzionali con cui è stata enunciata”, scrive il grande Betto, che è anche presidente onorario di Mountain Wilderness International, “tutta la faccenda puzza di retorica lontano un miglio. E anche, purtroppo, di retorica a buon mercato. Se proprio vogliamo trovare un lato positivo alla proposta, questo sta nella possibilità di dichiarare esplicitamente non-alpinismo le ascensioni all’Everest e agli altri Ottomila compiute dalle spedizioni commerciali con esteso uso di corde fisse, bombole di ossigeno e servizievoli squadre di portatori/guide sherpa. Ma chiediamocelo chiaramente: per condannare tali pratiche ci serve proprio il timbro di garanzia dell’Unesco?” (Ser)

FOTO IN APERTURA: Walter Bonatti fotografato da Toni Gobbi al termine dell’ascensione al Monte Bianco lungo il Grand Pilier d’Angle, 1-3 agosto 1957. Archivio Walter Bonatti. Centro Documentazione Museomontagna.

17 Dicembre 2019
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MountCity

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