L’uso dello Xenon per velocizzare l’acclimamento alle alte quote fa discutere. Non si tratta forse di cultura del doping ovvero della cultura del raggiungimento della prestazione ad ogni costo? Vero è che l’alpinismo non è uno sport olimpico e quindi la sua trasparenza è affidata alla libera scelta di ognuno, però la cultura di cui avremmo tanto bisogno è quella del limite che mal si concilia con quella del doping.

L’uso dello Xenon per velocizzare l’acclimatamento
Sull’Everest dopo un’inalazione di Xenon? Se ne sa ancora poco a quanto riferiscono gli esperti su questo “gas dei miracoli” normalmente usato come anestetico. Sembra comunque che sia il non plus ultra per favorire un’acclimatazione-lampo in alta quota. Indubbiamente dovrebbe essere considerato nel bene e nel male il più recente traguardo conseguito dalla “cultura del doping”. Brutto segno.
I medici osservano che l’utilizzo dello Xenon stimola i reni a produrre più eritropoietina (EPO), un ormone che incrementa la produzione di globuli rossi necessari al trasporto di ossigeno nel sangue. Piuttosto inquietante, va sottolineato, per un profano di medicina.
Si è anche letto nei siti specializzati che i risultati nella pratica dell’alpinismo con questo gas a quota ottomila dipendono dai protocolli utilizzati. L’effetto positivo dura comunque un massimo di otto giorni. Sufficienti per salire l’Everest o un’altra cima himalayana? Anche qui gli esperti evitano di esprimersi.
Va sottolineato ove necessario che uno dei motivi principali per cui si è costretti ad abbandonare un tentativo di vetta su una cima di 8000 metri è il lungo periodo di acclimatamento ritenuto necessario. Per aumentare le possibilità di successo, il processo di acclimatamento viene iniziato in molti casi utilizzando tende ipossiche sei settimane prima della partenza per l’Himalaya. Le tende vengono montate da esperti e sotto la loro sorveglianza l’organismo si acclimata lentamente a condizioni equivalenti a quelle di un campo posto a 7000 metri sull’ Everest.
In pratica, queste procedure sembrano superate con l’uso dello Xenon, oggi il meglio che esista per un’acclimatazione-lampo Ma questa pratica come si poteva prevedere presenta anche un risvolto etico da non sottovalutare. Siamo tutti d’accordo che scalare montagne è una passione che non dovrebbe essere inquinata da procedure artificiali? In fondo anche un intenso allenamento rappresenta una pratica artificiale. Come abbiamo detto uno dei motivi principali di abbandono è il lungo periodo di acclimatamento necessario. Perché salendo in alto e tornando in basso più volte si prosciuga energia prima ancora di aver iniziato la vera e propria salita. Come si è accennato, per aumentare le possibilità di successo, alcuni organizzatori organizzano per i clienti un processo di acclimatamento utilizzando le citate tende ipossiche.

La cultura del doping avanza
Semplice no? Semplice ma pur sempre a ben vedere un artificio che fa a pugni con l’etica alpinistica. Intanto avanza la cultura del doping. Da anni si parla dell’utilizzo di droghe o farmaci da parte di alcune frange di alpinisti o arrampicatori. Il fenomeno è inquietante in quanto l’assunzione di farmaci o sostanze dopanti è mirata al miglioramento della prestazione in alta quota e pertanto riveste gli stessi principi ispiratori del doping. Resta inteso che non è facile valutare l’entità del problema nell’ambiente dell’alpinismo estremo e himalayano: chi ne fa uso evita di confessarlo né si sottopone al prelievo di liquidi biologici.
Primo per importanza, va ribadito, va considerato l’aspetto etico. Lo sport, anche e soprattutto quello agonistico, è un fondamentale strumento di crescita dell’individuo. Non a caso l’utilizzo del gas lo Xenon, dal 2014 considerato doping dalla WADA, è vietato negli sport olimpici.
D’accordo, l’alpinismo non è uno sport olimpico e quindi la sua trasparenza è affidata alla libera scelta di ognuno. Ma non essere lucidi nelle scalate più impegnative, non controllare perfettamente i movimenti sotto l’effetto del doping può risultare rischioso, così come non essere acclimatati dal punto di vista fisico. Una situazione che ci porta a chiederci il senso del raggiungimento a ogni costo di una vetta.
Ed è proprio la cultura del raggiungimento della prestazione ad ogni costo che genera in tutte le attività sportive la cultura del doping che sta in buona compagnia della cultura del tutto e subito. Mi viene in mente (ma forse è solo una banalità) che la cultura della prestazione oggi non è legata a nobili motivi come avvenne per il leggendario Fidippide che corse fino alla morte per portare ai concittadini l’annuncio della vittoria.
Sicuramente poco spazio in tutto ciò trova la cultura del limite, etica di cui noi esseri limitati che abitiamo un pianeta limitato avremmo tanto bisogno.
Roberto Serafin
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