Roberto Serafin ci riporta e commenta i dati del rapporto appena uscito del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico (CNSAS) sugli interventi del 2019. I numeri sono numeri, si sa: vanno sempre contestualizzati e interpretati. Il tema della sicurezza è assai più ampio, ma una prima lettura di questi dati possono senz’altro aggiungere uno spunto di riflessione.
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La buona notizia è che nel 2019 in montagna è morta meno gente, 446 in tutto. Sempre troppi però. Erano stati 458, otto di più, nel 2018. Dalle statistiche diramate in questo mese di aprile 2020 dal Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico si apprende che le persone tratte in salvo da tecnici e volontari siano state 10.073 mentre furono 9.554 l’anno precedente. Il motivo di questo aumento viene indicato in una più intensa frequentazione delle montagne italiane, caratterizzata anche da un’estate particolarmente mite. Una buona notizia dunque. Ma quanto è costato nello stesso anno alla comunità tenere in vita questa complessa struttura che fa capo al Club Alpino Italiano? Di questo aspetto non c’è traccia nel rapporto citato, dando pure per scontato che gli stanziamenti statali saranno stati sicuramente adeguati al servizio reso.
Andiamo allora a vedere per quali attività le persone hanno richiesto soccorso nel 2019. La categoria più coinvolta risulta quella degli escursionisti con 4.415 casi (43,8% del totale). Seguono lo sci alpino e nordico, con 1.602 operazioni di soccorso. Poi viene l’alpinismo con 613 soccorsi, mountain bike con 571, ricerca funghi (504), scialpinismo (316). Infine una serie di attività molto varie, numericamente più frammentate, ma che “danno bene l’idea di come il CNSAS svolga il proprio ruolo a 360° nel variegato mondo montano: dal lavoro negli alpeggi, al parapendio, base jumping, speleologia e altro”.
A leggere un po’ alla buona queste statistiche sembra che l’escursionismo sia l’attività che espone a maggiori rischi. Ma quanti sono in realtà gli escursionisti? Non rappresentano forse la maggior parte di chi va per monti? E andar per funghi è forse più pericoloso dello sci alpinismo? Ma quanti più sono i fungaioli che in autunno sciamano nei boschi con le relative famiglie rispetto agli scialpinisti? E perché allora non mettere meglio in luce nel rapporto annuale i problemi legati all’avanzata inesorabile delle mountain bike, quelle elettrificate in particolar modo? I ciclisti per il Soccorso alpino non rappresentano forse un grosso problema? Il soccorso alpino dell’Avs in Alto Adige ha comunicato che un intervento su cinque sui sentieri riguardò nel 2019 le mountain bike. E soccorrere i ciclisti feriti risulta che sia diventato uno dei passatempi principali del Bergrettungsdienst, il soccorso alpino dell’Alpenverein.
Al primo posto fra le cause degli incidenti in montagna restano comunque le cadute e le scivolate (4.653 casi, il 46,2% del totale). Segue poi, a proposito degli sprovveduti escursionisti, l’incapacità a continuare il percorso (2.630 casi, il 26,1%) che comprende oltre all’incapacità di proseguire o di tornare sui propri passi, il ritardo, la perdita dell’orientamento e lo sfinimento. Ordinaria amministrazione. Tutti gli anni queste situazioni si ripropongono e le cifre cambiano poco o niente. Magari si potesse fare come a Oslo ed Helsinki dove lo scorso anno hanno ridotto i limiti di velocità, cambiato il tracciato delle strade, limitato lo spazio per le auto. Col risultato che nessun pedone in quelle capitali è più rimasto vittima di incidenti stradali. In fondo basterebbe che gli escursionisti guardassero meglio dove mettono i piedi… (Serafin)
Qui puoi leggere il rapporto completo con i dati statistici 2019 del CNSAS
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