Nel luna park permanente delle Alpi qualcuno ha anche pensato di favorire le salite in notturna ad una ferrata. Di tutt’altra natura, e forse più utile, l’altra stranezza che incontriamo nella selezione di oggi: un lama, di nome Filippo, che difende il gregge dai lupi. Infine, a dieci anni della tragedia della Val Lasties, un ricordo per le quattro vittime del soccorso alpino e una riflessione di Raffael Kostner.

La ferrata? Si fa di notte

Nel luna park permanente delle nostre Alpi non solo le piste di sci vengono illuminate a giorno in Valtellina, in Val Gardena, a Madonna di Campiglio e altrove. A Varallo Sesia, in Piemonte, una frequentata via ferrata, l’atletica “Falconera”, da qualche notte viene illuminata alla perfezione. L’azienda che ha realizzato l’impianto – 550 metri di striscia led e 7 proiettori a supporto – assicura che è il primo del genere su una parete ferrata in Europa e forse nel mondo. E tutto fa pensare che non sarà neanche l’ultimo non appena si spargerà la voce. La ferrata del Falconera è nota agli appassionati perché presenta un percorso molto tecnico. Con i suoi 400 metri di fune consente di superare anche alcuni tratti strapiombanti. Adrenalina assicurata, dunque. Ma alla luce dei led dicono che sia tutta un’altra cosa. La fantasia dei realizzatori sembra comunque inesauribile. Una campanella, posta all’interno di una cengia poco prima del “ponte tibetano”, va suonata quando si raggiunge questo punto: sta a significare che la parte più impegnativa e tecnica è stata superata. Montagna sempre più ridotta a un’attrazione da luna park, che tristezza.

Il lama da guardia

Scalciano, attaccano ed emettono suoni sgraziati che sembrano grida. Per questi motivi i predatori stanno alla larga dai lama. Questo spiega perché i simpatici camelidi dalla morbida pelliccia che vivono in gregge e hanno carattere tranquillo e amichevole sono ora chiamati a difendere le capre dai lupi. Sembra proprio che nel fare la guardia ai lupi sempre più numerosi nell’Ossola possano offrire buone garanzie. Lo rivelano in un servizio del quotidiano La Stampa del 13 gennaio 2019 gli allevatori Nina Liebhardt e Patrick Lutz originari di Francoforte che hanno messo alla prova il loro Filippo, un lama di un anno che ora fa la guardia a una cinquantina di animali in una stalla a Borgomezzavalle. Un’alternativa a Filippo sono i ben noti cani maremmani da pastore che hanno però il vizio di attaccare le persone che passano vicino al gregge. Per i lama le capre rappresentano la loro famiglia (anche per i maremmani, s’intende). Inoltre i lama sanno arrampicarsi lungo i pendii più scoscesi proprio come le capre. C’è un unico aspetto non ancora chiarito. Accertato che possa rappresentare un buon deterrente per un lupo solitario, come potrebbe comportarsi un lama se fosse un branco di lupi ad attaccare?

Gli angeli della Val Lasties

In piazza Marconi a Canazei un monumento ricorda i quattro uomini del Soccorso Alpino Alta Fassa Luca Prinoth, Diego Perathoner, Erwin Riz e Alex Dantone, medaglie d’oro al Valor Civile e insigniti con la Targa d’Argento della Solidarietà Alpina, periti in Val Lasties nelle Dolomiti il 26 dicembre 2009 mentre effettuavano un soccorso. L’opera è stata realizzata dallo scultore fassano Rinaldo “Reinhold” Cigolla in bronzo su una base di granito rosa di Predazzo. 

Sono passati dieci anni da quel terribile giorno di Santo Stefano, segnato dalla tragedia della val Lasties. Nel pomeriggio i soccorsi erano stati allertati per cercare due scialpinisti. La squadra dei soccorritori subito intervenuta venne travolta nel buio da una massa di neve e ghiaccio prima di poter portare a termine la sua missione. Uscirono vivi solo Sergio Valentini, Roberto Platter e Martin Riz. I due scialpinisti, entrambi udinesi, vennero poi ritrovati a loro volta senza vita sotto una valanga.Si poteva evitare il sacrificio dei quattro uomini? Sull’argomento si è discusso a lungo. “In certe circostanze”, ha detto Raffael Kostner, leader di Aiut Alpin Dolomites, una delle massime autorità nel soccorso alpino dolomitico, “anche noi, pur essendo abituati a confrontarci quotidianamente con il pericolo, dovremmo avere il coraggio di dire di no, di rifiutare un intervento. Invece mettiamo a repentaglio la nostra vita per salvare chi va fuori pista sapendo di rischiare la pelle”. Non è mancata la proposta di stabilire ex lege di affrontare i soccorsi solo se le condizioni climatiche o di luce non siano più che favorevoli. In dieci anni però molte cose sono cambiate nel soccorso alpino. E il fatto che le prime ricerche dei dispersi vengano ora affidate ai droni rappresenta una garanzia per i tecnici chiamati poi a intervenire sul terreno con o senza unità cinofile.

16 Gennaio 2020
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MountCity

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