Continua il progetto del Monveso di Forzo come Montagna Sacra raggiungendo già i 1000 aderenti. Anche il fatto che scaturiscano, pacate e profonde riflessioni che portano qualche perplessità come quella di don Paolo Paopone è un’ottima cosa al fine della sensibilizzazione ai valori da cui parte l’iniziativa.

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Raggiunti i 1000 aderenti per il progetto Montagna Sacra

A che cosa può servire oggi una montagna sacra? Non certo a modificare i destini declinanti del paese. Magari l’effetto fosse benefico come si crede che avvenga per la maggioranza delle montagne sacre nel mondo di cui Reinhold Messner disquisisce nel suo nuovo libro “Le montagne degli dei” dato alle stampe con lo storico Ralf-Peter Martin, in questi giorni in distribuzione in Italia da Corbaccio (260 pagine, 22 euro). 

In ogni modo il progetto di montagna sacra lanciato in occasione dei cent’anni del Parco Nazionale Gran Paradiso prosegue e già si contano mille aderenti

Quindi, sperando che si riveli cosa utile e gradita, m’impegno a fare il portavoce degli entusiasti che questa “montagna sacra” l’hanno voluta e ora lamentano la carenza di comunicazione. 

Buone nuove giungono dal portale Sherpa-Gate che nella sua ricca vetrina riserva stabilmente uno spazio a questo finora poco frequentato Monveso della Valle di Forzo, laterale della Val Soana, una delle zone più integre del Parco Gran Paradiso

Giornata storica viene definita quella del 19 giugno quando gli aderenti al progetto si ritrovarono ai piedi del Monveso. “Ed è stata la prima volta che una simile proposta è arrivata nell’occidente tecnologico e progredito” come hanno annunciato gli organizzatori. 

Importante e significativa viene giudicata l’adesione di Ettore Champrétavy, valdostano di Introd, notissimo runner che ha detenuto fino a due anni fa il record di salita e discesa della cima del Gran Paradiso. 

Boschettiera 19 06.2022 La Montagna Sacra che fa riflettere
Uno dei momenti della giornata del 19 giugno 2022 (foto via sherp-gate.com)

Montagna Sacra in che senso? La riflessione di don Paolo Papone

Un contributoa alla riflessione, con qualche perplessità, arriva invece da un’altra autorevole personalità valdostana. A dedicare un suo scritto all’iniziativa nelle pagine di Montagnes Valdotaines numero 143, periodico delle sezioni valdostane del Cai, è stato don Paolo Papone, parroco di Valtournenche, alpinista e guida alpina onoraria. A me sembra che don Paolo con l’iniziativa del Monveso di Forzo si dimostri poco in sintonia. Peccato perché di montagne sacre lui se ne intende. 

“Una Montagna Sacra: in che senso?” è il titolo dell’articolo che esprime la garbata perplessità del religioso. Un articolo che ho avuto occasione di leggere. “Il sacro”, fa presente don Paolo nel suo scritto, “non ammette manipolazioni, tanto è vero che nell’Antico Testamento l’altare andava costruito con pietre non tagliate, non modificate da mano d’uomo: nel tempio, nella parte più interna, dove non c’era più nulla, non poteva entrare nessuno se non il sommo sacerdote. Ma i cristiani si riconoscono tutti rivestiti della dignità sacerdotale in virtù del battesimo, per cui la zona del sacro è abitabile da tutti, a condizione che le modalità dell’abitare realizzino la funzione del sacro, che è quella di mettere in contatto con il divino”.

Dando per scontato che tutti dovrebbero poter accedere con le dovute regole alla Montagna Sacra, Don Paolo approva la scelta del Monveso di Forzo. “L’ormai storica Guida dei Monti d’Italia (Gran Paradiso Parco Nazionale, 1980, pp. 502-504)”, precisa, “censisce solo due chiodi nella via più difficile, e forse potrebbero essere eliminati usando le attuali protezioni veloci”. 

A quanto ho capito, il sacerdote è contrario all’invito ad astenersi dall’arrampicare, a restare a debita distanza dal sacro Monveso. Preferisce invitare ad abitare l’ambiente con rispetto. “E tutto questo perché – come diciamo tra alpinisti – vogliamo vivere di più, vogliamo sentirci più vivi”. 

E qui si riaffaccia la domanda “Montagna sacra in che senso?” che don Paolo si pone. E a me a questo punto vengono in mente le parole del veterano Carlo Alberto Pinelli, presidente onorario di Mountain Wilderness International. “Temo che consacrare una vetta trasformandola da un giorno all’altro in un tabu”, scrisse l’amico Betto agli organizzatori, “potrebbe avere un sapore artificioso, al limite del ridicolo. La sacralità delle montagne giace al fondo di ciascuno di noi e non proviene dagli dei o da chi si autoproclama un loro avatar”. 

È una rispettabile opinione che ritengo condivisa da don Paolo. E anche da Reinhold Messner per il quale salire una montagna è prima di tutto un’impresa spirituale.

E perfino dal sottoscritto, io che nel mio piccolo continuo a frequentare se ci riesco i sacri monti piuttosto che i monti sacri. 

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Don Paolo Papone

La Montagna Sacra genera riflessioni e occasioni di confronto? Ottimo risultato

Ma in fondo, come tu stesso hai avuto occasione di osservare, non si sta discutendo sui valori di base da cui parte la riflessione dei promotori della “Montagna Sacra”. Quelli trovo anch’io che siano allineati con i valori di cui anche Fatti di Montagna si fa promotore e con il suo manifesto.

Si discute se mai sulle modalità, sull’incisività o meno che un tipo di azione può avere sull’opinione pubblica. Credo che se la cosa circola tra chi è già d’accordo e basta, non faccia grande azione di sensibilizzazione. Il fatto che susciti riflessioni e argomentazioni anche non allineate come quella di don Paolo credo sia invece già un primo risultato positivo

Infine colgo l’occasione per aggiungere, d’intesa con Luca Serenthà, che Fatti di Montagna è pronto, se lo si vuole, a dare il proprio contributo al racconto e diffusione delle riflessioni che stanno nascendo e potranno scaturire dal ragionare su questi temi. Se si vuole, ad esempio, organizzare una discussione (on-line o in presenza che sia) tra amici che si confrontano costruttivamente, FdM potrà fare volentieri la sua parte. 

Roberto Serafin

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29 Settembre 2022
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