Pubblicato per ora in Francia, esce il libro in cui Denis Urubko racconta il soccorso alla Revol sul Nanga Parbat. Urubko che non solo è uno dei più grandi interpreti dell’alpinismo, ma anche soccorritore capace di grande abnegazione nelle sue azioni di salvataggio.
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Nella storia del soccorso in montagna
Nella storia del soccorso in montagna resterà per sempre scritto con inchiostro indelebile il salvataggio di Elisabeth Revol bloccata a 6000 metri sul Nanga Parbat dopo avere abbandonato milleduecento metri più sopra, ormai agonizzante, il compagno Tomasz Mackiewicz. Su questo dramma a forti tinte dell’alpinismo himalayano, la scalatrice francese ha già raccontato la sua versione nel volume intitolato “Vivere. La mia tragedia sul Nanga Parbat” edito in Italia da Solferino.
Si sa che, durante la discesa dopo avere conquistato in pieno inverno la vetta, Elisabeth per 24 ore aiutò il compagno sofferente per un edema polmonare. Arrivati a 7200 metri si ripararono in un crepaccio. Dal campo base la convinsero a scendere, a Tomek avrebbero pensato gli elicotteri.
Abbandonando il K2 che stava scalando, fu Denis Urubko con quattro alpinisti polacchi a prodigarsi nel salvataggio della Revol. Ora è arrivato il momento di conoscere nel dettaglio la versione dei fatti raccontati dal fuoriclasse kazako che tra l’altro è un ottimo scrittore (questa è la sua terza esperienza letteraria, salvo errori).
SOS Himalaya: la versione di Denis Urubko
Ci sono voluti due anni e finalmente Urubko ha potuto dare alle stampe il suo libro certamente più atteso, “SOS Himalaya”, edito in Francia da Paulsen, in cui chiarisce molti punti del “miracoloso” salvataggio.
Era il mese di gennaio ed Elisabeth era riuscita a completare per la prima volta la via Messner-Eisendle, prima donna ad aver raggiunto la vetta del Nanga Parbat in inverno in stile alpino e seconda in assoluto su un 8000 invernale. Urubko è oggi uno dei più grandi interpreti dell’alpinismo mondiale per la tipologia e la difficoltà delle sue salite realizzate in puro stile alpino. Nel 2009 concluse la salita di tutti i 14 ottomila in 9 anni, settimo al mondo a scalarli senza ossigeno supplementare. Il salvataggio della Revol ha messo in luce ancora una volta la sua abnegazione, virtù non molto diffusa tra gli alpinisti himalayani.
Denis dunque affrontò in piena notte l’immensa parete del Nanga. Non è chiaro se la sua sia stata fortuna ovvero un miracolo. Ritrovò nelle tenebre la francese. Era ancora viva ma estremamente provata.
Urubko e l’abnegazione del soccorso in montagna
Un anno dopo quel salvataggio porta la sua firma un’altra missione affrontata con la consueta abnegazione. Questa volta a dovere la vita a Urubko e ad altri alpinisti presenti in zona è l’italiano Francesco Cassardo che durante la discesa dal Gasherbrum 7 perse il controllo degli sci e cadde rovinosamente a valle per 450 metri. Dopo due giorni trascorsi al gelo venne condotto al campo base dove un elicottero militare lo portò in salvo in ospedale.
Anche in questo caso il ruolo di Urubko fu determinante. Segno che di progressi dal punto di vista tecnologico il soccorso alpino ne ha fatto tantissimi in questi anni, ma il successo delle missioni rimane sempre affidato all’abnegazione e al coraggio “di chi interviene con immediatezza alle chiamate senza chiedersi la gravità o meno dell’intervento, o se è giorno o se è notte” come notava Mario Rigoni Stern nella presentazione del libro ”Soccorsi in montagna” pubblicato in occasione dei cinquant’anni del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico. (Serafin)
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