Perché non risparmiare una manciata di milioni di euro rinunciando al bob alle prossime Olimpiadi invernali di Cortina? Serafin se lo chiede andando a ripescare un precedente storico. Gli americani soppressero questo sport nel 1960 ai Giochi di Squaw Valley perché dispendioso e lo sostituirono con il biathlon. Ma è escluso che i politici italiani così avidi di consenso possano seguire questo virtuoso esempio. Certo altri tempi, ma c’è da riflettere su cosa siano oggi diventate le Olimpiadi
Ascolta la puntata del podcast
I Giochi di Squaw Valley e la scelta sul bob
Ma davvero è così importante il bob nello scenario delle Olimpiadi invernali? È giusto farne una questione di principio? È un atteggiamento onesto ed equilibrato quello di chi ci governa e utilizza il denaro dei cittadini in cambio di voti? (ndr A tal proposito l’articolo di Luca Rota: La nuova pista di bob di Cortina: dalla tragedia alla farsa e al disastro duraturo)
La querelle che alimenta la vigilia dei Giochi Milano-Cortina tra chi vuole e chi non vuole la pista di bob a Cortina ha importanti precedenti nella storia dei Giochi invernali. Furono gli americani a non volere il bob alle Olimpiadi di Squaw Valley. Dimostrarono così che lo spettacolo poteva essere assicurato anche senza quei piccoli bolidi da luna park sui quali si cimenta un numero ridotto di piloti specializzati.
Sono trascorsi più di sessant’anni dai Giochi di Squaw Valley ai quali parteciparono 648 atleti di cui 502 uomini e 146 donne. L’apertura fu proclamata dal vice presidente Richard Nixon. Un proprietario terriero californiano, Alexander Cushing, mise a disposizione i suoi terreni. La valle si trasformò come si apprende sfogliando le pagine del libro di Eric Monnin “Un secolo di sport invernali” (Chamonix 1924 – Torino 2006). In meglio, a quanto pare. Ma nessun interesse o intervento di un qualsiasi Paperon dei Paperoni locale costrinse la località a ricorrere alle orrende e impattanti piste un cemento per il bob e lo slittino.
Si costruirono invece impianti per il pattinaggio artistico e di velocità, per l’hockey, per lo sci nordico e lo sci alpino. Ciò non esclude che si spese pur sempre un fiume di dollari e l’unico modo per recuperarli è stato di mettere definitivamente una croce sulle gare di bob. Saggia decisione. Nessuno che si sappia alzò un dito per protestare e la rinuncia non giunse nemmeno alle orecchie di Nixon che aveva argomenti più importanti, in piena guerra fredda, di cui occuparsi. Il bob fu semplicemente sostituito da una nuova disciplina, il biathlon, a quell’epoca poco praticato.
La Squaw Valley oggi Olympic Valley (senza bob)
Nulla impedì dunque alla vallata di prosperare. Nel 2022 ne venne ufficialmente cambiato il nome in quanto la parola “squaw” è storicamente utilizzata come epiteto di stampo razziale nei confronti delle donne di etnia nativa americana. Situata al confine con il Nevada – nel cuore della Sierra Nevada – la Olympic Valley (questo oggi il suo nome) dispone di un favoloso Resort che fa capo alla Ski Corporation, di cui è presidente l’onnipresente miliardario Alexander Cushing.
La struttura è aperta tutto l’anno e offre varie attività sia in estate sia in inverno, spaziando dal pattinaggio su ghiaccio all’equitazione, dal tennis al nuoto. Uno scenografico cable car (sorta di tramway sopraelevato via cavo) porta i visitatori in altura. Altro che pista di bob! Oggi è impossibile trovare qualche analogia con Cortina 2026 dove si sperperano pubbliche risorse economiche e ambientali per ottenere consensi come non solo tu, caro Luca, giustamente deplori? La Olympic Valley rimane se non sbaglio un esempio di equilibrio, un’isola felice. Non mi sembra che Cortina, che di decisioni sbagliate ne ha già collezionate parecchie, possa definirsi tale.
Roberto Serafin
Leggi anche:
Fatti in breve: Viva la pioggia e la neve – Cicloturismo – Conosci i Sirfidi?
RUBRICA A CURA DI:
MountCity è un progetto fondato nel 2013 a Milano che si poggia sulla passione e competenza di uno staff di cittadini appassionati di montagna, all’occorrenza con il sostegno di associazioni di volontariato. La piattaforma, grazie alla competenza e professionalità di Roberto Serafin che l’ha curata per 10 anni, è stata punto di riferimento sull’attualità della montagna e dell’outdoor con migliaia di articoli pubblicati. Ora lo spirito di MountCity vive ancora dentro questa rubrica.
Scheda partner