Lo spunto questa volta è l’ormai noto caso Roccaraso, ma è solo un clamoroso esempio di un problema che non nasce dal nulla e di cui abbiamo più volte avuto occasione di parlare: l’overtourism o iperturismo che dir si voglia.
Il caso Roccaraso che ha fatto clamore sui media
“Dopo aver visto questi servizi ai telegiornali, voi andreste a Roccaraso?”. A porre la domanda è Umberto Martini, professore di Economia e Management dell’Università di Trento, esperto di overtourism, termine più volte utilizzato anche in questo sito per raccontare quanto sta accadendo. La risposta è no, le immagini riprese in un recente fine settimana non attraggono verso Roccaraso, ma sono piuttosto un invito a evitarla, per non ritrovarsi impantanati nel caos.
I dati sono impressionanti: solo dalla Campania, domenica 26 gennaio sono arrivati a Roccaraso oltre 250 bus strapieni di persone, 160 dei quali sistemati nei pressi dello stadio di Castel di Sangro, gli altri sparsi in parcheggi più o meno autorizzati lungo la strada. Un caos da 20mila presenze su ritagli di neve e prati, dove si sono riversati migliaia e migliaia di turisti.
Intervenire era necessario. E quindi per contenere l’afflusso di bus turistici è stato attivato il più classico dei deterrenti: le targhe alterne. Saranno in vigore lungo la Strada Statale 17, in corrispondenza dei comuni di Castel di Sangro, Pescocostanzo, Rivisondoli, Rocca Pia e, appunto, Roccaraso.
Modelli sbagliati
Non serve dire che non è un problema legato a Roccaraso, infatti “assalti” turistici anche nel week end appena passato si sono verificati in diverse località montane.
Pronto come si è visto a esplodere prima ancora che arrivi la buona stagione è il “fastidio di massa per il turismo di massa” come ribattezza l’overturismo sulla Stampa del 28 gennaio, Mattia Feltri, noto opinionista. Un esempio che viene proposto con largo anticipo sono le Tre Cime di Lavaredo dove in agosto si accampano dalle dieci alle quattordicimila persone, e già la metà sarebbero troppe. Risulta, prima ancora dell’arrivo dei primi tepori primaverili, che le amministrazioni locali stiano studiando il metodo per respingere i turisti dopo avere speso cifre favolose per attirarli con la pubblicità. Siamo curiosi di vedere i risultati.
Forse a furia di parlarne, è arrivato il momento di ipotizzare che il diffuso fenomeno dell’overtourism sia anche una conseguenza di un tipo di comunicazione e modelli sbagliati.
“Il Trentino e, in generale le Dolomiti”, esemplifica Lorenzo Delladio, patron dell’azienda La Sportiva di Ziano di Fiemme, “hanno bellissimi posti da scoprire e conoscere, ma se vengono pubblicizzati e divulgati sempre e solo gli stessi posti è chiaro che la gente si concentra principalmente lì”.
L’overtourism non nasce dal nulla
Ma sarà proprio vero che è l’intera Italia a soffrire di questo overturismo clamorosamente osteggiato negli ultimi tempi dai residenti? Ed è giusto dire che l’Italia vuole i turisti, corteggia i turisti, anela ai turisti e poi arrivano i turisti e corre voce che il turismo di massa sia una vera disgrazia?
Ai giornalisti piace semplificare, ma la questione è complicata e non si risolve con una battuta. Quindici anni fa, in un Manifesto di Innbruck sulla cooperazione nel settore del turismo montano nell’arco alpino, si auspicò che venissero promosse misure concordate e innovative con l’obiettivo di rivolgersi a un pubblico giovane, ponendo una particolare attenzione alle settimane dello sport scolastico e montano. Se positivo era l’intento di una collaborazione transfrontaliera, si fece da subito notare da più parti come fosse pericolosa la mancata considerazione approfondita dei possibili effetti deleteri dello sviluppo turistico.
Infatti benché si leggesse nel manifesto che “Il maestoso paesaggio montano in tutte le sue affascinanti sfaccettature è il nostro capitale, che deve essere custodito con cura. Perciò un’attenta gestione delle risorse naturali detiene la priorità assoluta”, si scriveva anche che con i quasi 100 milioni di pernottamenti e 800.000 letti, le regioni turistiche alpine mandano da tempo un segnale forte ai mercati europei e a quelli emergenti d’oltreoceano per contrastare la concorrenza di destinazioni esotiche e/o balneari.
Un esempio per dire che il problema dell’overtourism non nasce ora dal nulla.
Anziché recriminare fino alla noia sulle cattive abitudini del turismo di massa perché non puntare le risorse su una più attenta gestione delle risorse e sulle suggestioni quasi sempre esorbitanti della pubblicità? Perché, in sostanza, non proporre modelli differenti?
Roberto Serafin
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