Una salita a piedi al Monte San Primo in Lombardia, assediato dal turismo motorizzato, è l’occasione per Roberto Serafin di riflettere sull’inadeguatezza del progetto per un presunto e insostenibile rilancio dello sci: questa meravigliosa zona del triangolo lariano meriterebbe ben altre attenzioni.
Salendo al Monte San Primo
Frequentazione turistica sostenibile? Il dissenso sul rilancio dello sci sul Monte San Primo, il più alto del Triangolo Lariano in Lombardia a oltre 1700 metri di quota, non sembra avere scalfito il richiamo che questa montagna esercita da generazioni. Si tratta però del classico turismo mordi e fuggi che non conosce stagione. In luglio la fuga dalle infuocate città della pianura ha condotto quassù al Piano Rancio, in comune di Bellagio, sul lago di Como, centinaia di auto, forse migliaia, che hanno occupato qualsiasi posto disponibile compresi quelli indisponibili lungo la strada che sale dal Ghisallo. Impossibile era anche trovare in mancanza di prenotazione un posto dove banchettare con l’immancabile “polenta vuncia” e il coniglio alla piastra. Tutto prenotato, tutto sold out.
Questo assedio al quale il San Primo assiste impassibile nelle feste comandate potrebbe essere il motivo per ridare vita a una ipotetica stagione invernale? Questa montagna a una sessantina di chilometri da Milano sarà come si dice, la nuova mecca dello sci con la riattivazione degli impianti di salita? Gli interessi economici finiranno per prevalere sulla sostenibilità del paesaggio?
C’era da chiederselo salendo a piedi dalla Colma di Sormano, lungo i cinque chilometri di mulattiera che conduce a questa vetta incantevole, dove la vista spazia nelle belle giornate fino alle creste delle Alpi Retiche e dove offrono uno spettacolo incomparabile i due rami del lago che si protraggono quasi abbracciandosi sullo sfondo dell’alta Valchiavenna.
Sciare al San Primo? Un progetto sera senso
Sciare quassù? Lo scalpore per il progetto con l’inevitabile innevamento artificiale sembra essersi malauguratamente placato anche se “L’Altra Montagna” il 21 luglio 2024 (con un articolo di Luca Rota) è tornata sull’argomento con parole di sconforto spiegando che gli enti pubblici che sostengono il progetto – Comune di Bellagio e Comunità Montagna del Triangolo Lariano con Regione Lombardia – tirano dritto continuando a rifiutare qualsiasi confronto con chiunque. Intanto Angelo Barindelli è stato confermato alla carica di sindaco del Comune di Bellagio, e nella Comunità Montana Triangolo Lariano è stata formata la Giunta in perfetta continuità con la precedente. Il progetto “OltreLario. Triangolo Lariano meta dell’outdoor” con la realizzazione delle infrastrutture sciistiche previste continua insomma a ignorare completamente il dissenso alimentato dal Coordinamento “Salviano il Monte San Primo”. Peccato.
Il compito è ora quello di tutelare la montagna dal punto di vista naturalistico e paesaggistico e, se possibile, del rilancio economico nel rispetto della piena sostenibilità ambientale. “Nel caso in cui il progetto arrivasse ad una fase avanzata”, si legge nel sito dell’Altra Montagna, “si valuterà la possibilità di rivolgersi ad organismi sovraordinati o di controllo, come ad esempio l’Unione Europea o la Corte dei Conti con studi mirati sulle reali esigenze ecologiche, economiche e sociali del territorio anche grazie alla collaborazione con l’Università dell’Insubria”.
C’è però da domandarsi se ciò basterà a contrastare le Istituzioni partite da un cospicuo finanziamento pubblico (oltre 5 milioni di euro). Questo ci si chiedeva salendo in luglio alla vetta attraverso le faggete verso un paradiso assediato dalle folle fin dal primo Novecento, quando fu una delle prime mete del turismo montano lombardo con il “Grande Albergo Parco Monte San Primo” poi divenuto la Colonia Montana dell’Opera Pia Bonomelli sino al definitivo abbandono degli anni Ottanta.
Ma eccoci a dicembre 2019, con l’ambizioso bando indetto dalla Comunità Montana, che prevede investimenti per oltre 600.000 euro, necessari a rimettere in sesto il comprensorio e consistenti nella realizzazione di due nuovi edifici polifunzionali alla partenza delle sciovie, nell’ampliamento e adeguamento del ristoro dell’Alpe Borgo e nella revisione generale dell’impianto Forcella, oltre alle inevitabili manutenzioni per far ripartire la sciovia Baby, ferma ormai da tre inverni.
Il bando ha stimato il fatturato ottenibile dalla gestione trentennale della stazione sciistica o presunta tale, con annesso bar e ristorante, in oltre 36 milioni di euro, per una media annua di 1,2 milioni di euro derivata dalla più ampia platea possibile di pubblico. Peccato che, pensare ad impianti e innevamento a poco più di 1100 metri di quota significa portare aventi un “progetto fuori luogo e fuori tempo, – si legge nell’articolo di Luca Rota– come ci hanno più volte ribadito sia gli esperti climatologi (a partire da Luca Mercalli, intervenuto direttamente sulla questione San Primo), sia la stampa internazionale, sia l’opinione pubblica che ha manifestato con noi il proprio dissenso al progetto.”
Intanto il San Primo accoglie in silenzio i coraggiosi che per raggiungerlo sfidano a piedi la canicola dell’anticiclone africano e sembra disdegnare quelle orde motorizzate che anticipano ulteriori assalti ormai alle porte. Sulla cui sostenibilità ambientale ed economica non è il caso di farsi troppe illusioni.
Roberto Serafin
Per approfondire la questione San Primo si consiglia la lettura dei molti articolo pubblicati da Luca Rota raccolti sul suo blog.
RUBRICA A CURA DI:
MountCity è un progetto fondato nel 2013 a Milano che si poggia sulla passione e competenza di uno staff di cittadini appassionati di montagna, all’occorrenza con il sostegno di associazioni di volontariato. La piattaforma, grazie alla competenza e professionalità di Roberto Serafin che l’ha curata per 10 anni, è stata punto di riferimento sull’attualità della montagna e dell’outdoor con migliaia di articoli pubblicati. Ora lo spirito di MountCity vive ancora dentro questa rubrica.
Scheda partner
Ma perché scrivere tante scempiaggini parlando di progetto che non si conosce. Vi consiglio, se permane un briciolo di onestà intellettuale in chi scrive, di prendere un’appuntamento in Comune a Bellagio e lì chiedere l’accesso agli atti per vedere cifre e stanziamenti del progetto di cui parlate. Verrò volentieri anch’io e darò il più ampio risalto a quanto, in quella sede, sarà emerso DAVVERO. Il resto sono chiacchiere e propaganda ancora più tristi per chi conosce i luoghi e le persone coinvolte nella vicenda.
Chi lo dice che è fuori luogo il progetto . Quante di queste persone abitano li . Quale diritto anno per decidere che non bisogna fare un impianto . Sono proprietari dei terreni, dei boschi o delle case di quel luogo, i loro antenati erano di quel luogo.