Mirko Sotgiu ci provoca chiedendoci: sicuri che l’ottica zoom è sempre la scelta migliore in montagna? Ecco perché utilizzare lenti fisse può migliorare il nostro modo di fotografare.
Qui il podcast con le spiegazioni di Mirko
“Qualcuno deve forzare i limiti di quello che è rassicurante ma privo di fantasia. Ogni tanto mi piace scioccare.” Terry Richardson
Dimenticato dalla quasi totalità dei fotografi “digitali” in questo spazio voglio parlarvi di ottica “normale”, nel senso che offre un angolo visuale sul mondo molto simile alla visione umana.
In montagna come in qualsiasi altro luogo siamo abituati a fotografare con ottiche “zoom”, ovvero in grado di variare l’angolo di visione (tipicamente i 24-70mm per le reflex 35mm o 18-55mm per i formati aps). Le lenti zoom sono molto popolari a tal punto da esser in pratica gli unici obbiettivi che si vedono in giro, a discapito di lenti, talvolta meno costose e di qualità decisamente superiore. Se la qualità superiore è una scelta tecnica, questo non vale per quella artistica e da un certo punto di vista anche filosofica.
In questo articolo vorrei portarvi una provocazione riguardo quello che popolarmente si fa in fotografia. Penso che gli obbiettivi fissi siano in realtà le ottiche che meglio aiutino chi sta iniziando a fotografare per quanto riguarda la composizione e comunicazione. Inoltra obbliga il fotografo a cercare la migliore inquadratura.
Le ottiche fisse offrono la migliore qualità ottica a scapito di minore flessibilità. Proprio questa minore flessibilità, obbliga il fotografo a seguire una filosofia differente quando realizza le immagini. Molti amatori, comprano da subito lenti zoom, spesso vendute in kit di discutibile qualità, con i corpi macchina, senza lontanamente prendere in considerazione l’acquisto di una o due ottiche fisse, di qualità maggiore e costo uguale se non minore agli zoom.
Abituarsi a fotografare per un lasso di tempo più o meno lungo con una visuale fissa, ci aiuta ad imparare meglio regole come la composizione, la grammatica dell’immagine e il suo valore filosofico comunicativo.
Invece di fermarsi in modo superficiale, regolare lo zoom e scattare, con un ottica fissa il fotografo è costretto a muoversi, avvicinarsi e allontanarsi dal soggetto. Facendo ciò si impara a “guardare”, a studiare prospettive, inquadrature, oltre ad apprendere meglio gli aspetti tecnici.
Si entra in sostanza in un’altra forma mentis: prima di scattare occorre capire da dove, come e in che modo scattare. Una fotografia “ragionata” insomma.
Solo quando la padronanza del mezzo raggiunge un livello soddisfacente viene poi d’istinto cercare nuove ottiche, nuove visuali.
Alla maturazione personale su come fotografare e cos’è la fotografia seguiranno le esigenze più particolari che ci spingeranno alla scelta ponderata di obbiettivi in grado di risolverci i problemi e visualizzare quello che abbiamo pensato.
Quindi, partendo da un’ottica che ad un primo momento può sembrarci antiquata e banale come un 50mm (un 35mm per chi usa sistemi dx), con tempo e pazienza si può giungere a ottimi livelli di espressività fotografica. Inoltre, consideriamo che il vantaggio di fare escursioni con una lente così piccola e leggera non è da poco specie se ci avventuriamo in salite alpinistiche.
Non vorrei esser mal interpretato: oggi esistono zoom con buone ottiche e rimangono una scelta ottima per realizzare la maggior parte delle immagini, io stesso uso per il reportage un ottica 24-70mm. Però se volete migliorare il vostro modo di fotografare, specie se siete alle prime armi, provate ad utilizzare ottiche fisse: perderete flessibilità, ma questa perdita vi condurrà a nuove soluzioni e prospettive. Insomma vi toglierà un po’ di pigrizia e spingendovi a muovervi un po’ e a studiare in modo costruttivo i soggetti. (Mirko Sotgiu)
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