Quante volte ci è capitato di essere in montagna e non poter fare a meno di scattare una foto? E quante volte, poi tornati a casa, quella foto non diceva nulla? Perché? Iniziando questa rubrica in cui scandaglieremo tutto ciò che riguarda l’unione della passione per la fotografia con quella per la montagna, Klaus ci invita prima a rispondere a delle semplici, ma scomode domande: cosa volevo dire con quella foto? Avevo qualcosa di personale da raccontare?

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Raccontare la montagna con le fotografie è qualcosa che a prima vista potrebbe sembrare semplice: un mondo come quello di oggi è fatto di immagini, vive di immagini. Ci sono infiniti mezzi per fotografare e filmare in montagna, dal cellulare alla macchina fotografica, dalla action cam al drone. Tutti questi mezzi ci riportano però ad una sola domanda, la stessa che si poneva chi, all’inizio del 900 si trovava di fronte allo spettacolo delle montagne con i primi apparecchi fotografici: cosa voglio dire con le mie immagini? Ho qualcosa da raccontare?

Una domanda un po’ scomoda da porsi, in un momento in cui regna l’immagine mordi e fuggi, che impressiona con la sua post produzione esasperata di colori saturi. 
Un’immagine fatta, non per suscitare interesse, informare, raccontare, ma col solo fine di far parlare di noi e trovare approvazione nei social. 

La parte più difficile del percorso, professionale e non, di un fotografo è quella di uscire da questo schema ed iniziare a parlare attraverso l’immagine. Un modo di comunicare, forse l’unico, universalmente comprensibile in tutto il Mondo da qualsiasi persona, indipendentemente dal ceto e dall’estrazione culturale.  

Il racconto in fotografia, è qualcosa di intimo, una necessità. È quel sentire dentro il richiamo di fermare il tempo che fugge. É conservare in uno scatto la Bellezza, per ricordarci che ci sarà anche quando non saremo lì ad osservarla di persona.

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Foto di Mirko Sotgiu
In apertura: Grignone (grigna settentrionale) – foto di Klaus dell’Orto

Oggi l’esigenza principale è quella di fotografare senza un pensiero dietro nella bulimica esigenza di documentare il più possibile quello che stiamo facendo, attimo per attimo, per condividerlo con spettatori virtuali. Il più delle volte poi, quei momenti rimangono sul nostro canale social e vanno nel dimenticatoio non appena arriva il post successivo. Abbiamo perso il momento, l’emozione, la grandiosità della montagna per un paio di like.

Andare in montagna è prima di tutto per sé stessi, per portare a casa emozioni; un racconto fotografico è quindi di per sé un’esperienza personale. Riuscire a far parte del momento, senza perdersi l’attimo. Questo richiede una certa abilità nel capire cosa vogliamo trasmettere con una foto. Un tramonto di per sé è qualcosa di già visto: sempre molto bello ma se fotografato senza dietro un’intenzione di racconto è uguale a tanti altri.

La sfida è raccontare quello che va al di là del già visto. É immaginare sé stessi, cercare un angolo diverso, un dettaglio e raccontare così la montagna. Spunti ce ne sono tanti. Si può partire da qui: cercare di capire cosa di più ci attira e iniziare a chiederci il perché.

Torniamo a casa con qualcosa che rimanga e che abbia un significato profondo. Per noi.

Klaus Dell’Orto/Mirko Sotgiu

6 Aprile 2020
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